UOMO - Anno III - n. 4 - dicembre 1945
detto cose abbastam:a chiare perchè lei possa ca– pirmi». Tali parole. che immaginandole mi avrebbero sdegnato. mi lasciavano adesso relativamente tran– quillo. « Un caso di vigliaccheria, un caso come mille altri » mi ripetevo, senza sapere se con ciò volessi giustificare la mia sconfitta od il ,compor– tamento di Damerio. ì'v!i strinsi nell'impermeabile come se mi sentissi intirizzito. Mi pareva d'essere fermo davanti acl un muro altissimo, senza più la possibilitù di procedere. Guardavo Damerio, ma non mi rendevo più ragione di quel che significas– sero per mc i suoi occhi, la sua figura. Non mi pareva nemmeno un uomo; forse, davvero, mi sem– brava soltanto un muro altissimo. « Ognuno di noi è un 'isoia sulla quale a nessuno è permesso di sbarca1·e » mi dice,·o, o mi dicevo press'a poco una cosa simile. Ed a simile pensiero. che ora formulo con una esattezza che cli certo allora non aveva, ogni cosa mi divenne ostile e fui invaso dal desi– derio di fuggire quell'uomo che mentiva con tanta ipocrita sicurezza. Tale desiderio mi fece dimenti– care che soltanto da lui potevo avere il perdono a quel perdono che avevo regalato ad Urfimio Me– dolago. Gli dissi « Suppongo d'aver capito. Per questo è inutile continuare». << Credo che sia così » disse Damerio. Trovando in quella sua miseria un sollievo alla mia, lo. la– sciai con una sorte di gioia nervosa, nè mi feci più vivo con lui. nè cercai cli fargli ammettere in altri modi la Yerità per vedermi liberato dalla mia an– goscia. Da allora spesso mi sorprendo a pensare
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