UOMO - Anno III - n. 4 - dicembre 1945
l'Crgogna di me stesso non nii lascia ripetere. Il mio visitatore parYe quasi insoddisfatto cli tanta prontezza. Allungò anch'egli la mano e quasi con ribrezzo sentii le s"u~dita stringere le mie. Erano dita magre, un poco sudate. « La mia coscienza avrà un po' di pace » disse. Pareva sorridesse, clavve1·0felice, mentre s'incam– minava verso la porta. Io lo seguii ed insieme uscimmo nel corridoio. Il corridoio era deserto e buio. tranne il pezzo antistante la mia porta. Me– dolago aveva fatto appena due passi che io già non lo vedevo più. Tornai il mattino seguente nella .mia città ed ero scontento cli me stesso. Cercavo cli convincermi che nulla cli Yero era accaduto. << Una curiosa av– ventura>> mi dicevo. Ed anche: « Deve essere sta– to" un incubo». Ed anche: « Uno scherzo della mia fantasia». Giunsi ad espedienti puerili. Dissi ad un amico: « Può esservi al mondo un uomo che si chiama Urfimio? >>.L'amico, credendo ad uno scherzo. disse: « E come: tutti i miei amici si chiamano così». Quando mi era possibile chie– deYo a qualcuno se sapesse dell'esistenza di quel paese di montagna. M'auguravo di trovarmi da– vanti a qualche risposta liberatrice, davanti a qual– <::unoche mi dicesse: « E dove l'ha scoperto que– sto nome? Lei si sbaglia». Non potevo liberarmi dal ricordo cli qu!'!lla notte e nemmeno riuscivo a. capire perchè tanto lo temessi. « Hai fatto una huona azione»_ mi dicevo ipocritamente. Ma ap– pena il ricordo cli quella notte affiorava alla mia memoria cercaYo di allontanarlo con qualche im– _medi::tt::tmedicina: o con la lettura, o con il bere. <xi
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