UOMO - Anno III - n. 4 - dicembre 1945

ed ero- entrato doYetti·-sembrare ad uno che giunga in ritardo e che. per di più, se ne mostri contra– riato. La stanza nella quale mi_trovavo era deserta e male illuminata. Pareva si fosse fatta deserta sol– tanto per il mio arrivo perchè si capiva che i ta· voli da poco erano stati abbandonati. C'era un uomo soltanto. il quale. uniformandosi subito a quanto credeva fosse mia impazienza e contrarietà, mi Yenne incontro. Era !"albergatore e mi disse di– sinvolto: « Buona sera». allungando la destra per prendere la valigetta che avevo con me. Senza al– cuna titubanza aggiunse: « .\ vvocato Da111erio. ,·ero?». Capitò qualcosa di imprevedibile. Io tacqui do– minato eia un impaccio che sempre resterà inspie– gabile. Pensavo: « No. non mi chiamo Damerio, non sono avvocato >>. ma nessuna parola usciva dalla mia bocca. Anzi. sul mio volto vi era quel– l"aria sospesa cli chi aspetta. dopo un annuncio, qualche più consistente notizia. « Venga - di se ancora l'albergatore - la stan– za è gi[1 stata fissata eia! signor Urfì111io. Da tre giorni il ignor Urfìmio l'aspetta». ln un momento di torpore, tutto quanto sentivo dire 111isembrò vero. Per questo anche alle ultime parole udite non 1·isposi. Allora chi mi aveva rice– vuto s'incamminò ed io gli tenni dietro. Salimmo al primo piano e percorremmo un corridoio -male illuminato. dalle pareti di legno. Ancbe il pavi– mento era di legno ed i nostri passi rimbomba– vano fastidiosamente in quella poca luce. « Ecco - disse l'albergatore - questa è la camera». Aprì 57

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