UOMO - Anno III - n. 4 - dicembre 1945

inlerYenti ciel problema eterno. suscitando ante– riormente delle domande volta per volta: al mo– vimento oscuro che lenta cli travolgere la nostra anima basta contrapporre una domanda che in qualche modo argini e risoh·a questa urgenza estra– nea riportando il corso delle idee nel letto conve– nuto. Se un sentimento riesce a raggiungere la sponda cli questa dimora interiore c'è la domanda dell'intelligenza. lo scatto. quasi. ciel culto inte– riore valido a impegnare in una lotta senza risul– tato pratico questa mu ica disturbai rice e impura. La poesia pura 11011 sarà che la traduzione esatta di questo stato di assenza combinata. di una cifra ottenuta per accorti avvicinamenti a una situazione del tut'to inumana per cui 11011 contano più le no– stre condizioni, la nostra voce. il flusso naturale della memoria. Ma come si può arrivare a una co– struzione così arbitraria. a una clefinizione senza fondo reale e staccata eia un intervento totale della nostra anima? Vale ancora lo schema dell'imma– gine e costruire per Valéry è ricostruire con ele– menti provati e sterilizzati la situazione del dram– ma comune alla nostra vita. In fondo alla rinunzia iacile e difficile della sua gioventù i diversi tempi della sua vita hanno risposto con una segreta no– stalgia e col clesiclcrio cli ripetere la scommessa con degli oggetti inalterabili e quindi non pericolosi. Valéry sapeva che il mostro della clivinitit per usare. un termine della concezione mallarmeana sarebbe stato invincibile. sapeva cli quali profonde sugge– stioni fasse capace e per questo ne ha lasciato in– tatto il regno eia una parte e per conto proprio si è limitato a ripetere un giuoco « minore » con

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