UOMO - Anno III - n. 4 - dicembre 1945
coscienza. della famosa brtise senza cli cui per una certa legge rettorica non ci sarebbe poesia ed è contro questa idea che si leva la lotta di Valéry e la proposta dell'esercizio dell'intelligenza: non conviene farne una legge assoluta, ancor qui con– viene illuminarla con un numero che favorisce e individua la vita più probabile. Allo st~sso modo il poeta deve interrogare tutti i suoi movimenti, scandagliarli proprio dove nascono. dove si agi– tano come allusioni per conoscerne le offerte e le possibili conseguenze. D'altra parte non vale pren– dere un~ simile posizione come la chiave cli tutto il nuovo regno rettorico valeriano, sarebbe impove– rirne eccessivamente le fonti e il corso: quel tanto cli rigore sottolineato che troviamo nelle sue pa– gine d'i1wito clipenclono piuttosto. dalle necessitù cli portare la poesia a una misura cli maggior con– trollo, a sistemare la poesia al cli fuori cli conta- •minazioni e cli esclamazioni gratuite e pericolose. E ancora questo bisogno cli pulizia riduce l'eser– cizio della poesia nell'ambito dell'io, dell'unico ele– mento fedele al nostro naturale svolgimento ( « cha– que vie particulière possède toutefois, à la profon– cleur d'un trésor, la permanence fondamentale d'une conscicnce que rien ne supporte ;... - le 111oi pur élément unique et monotone de l'etre meme dans le monde. retrouvé, repercly par lui-meme, habite éternellement notre sens », si legge in Va:riété). per questo quanclo si parla cli poesia pura per Va– léry bisogna allontanarsi dalla formula che ci è servita per altre forme d'arte e sottolineare sem– pre questo stato nudo cli presenza. La presenza infatti cli questi elementi ri_conosciuti essenziali s1
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