UOMO - Anno III - n. 4 - dicembre 1945
zioni perchè nelle sue cose più belle c'è ancora una parte ben visibile di derivazione oscura, portata sul testo eia peso inevitabile di un passato, di un 'altra forma di vita) sta a indicare la forza e la probabile bellezza delle sue operazioni complete, denuncia il senso di quello che ci avrebbe potuto dire il Valéry che non avesse taciuto il suo silen– zio, voglio dire del Valéry che anche per noi aves– se accettato di segnare l'itinerario diverso e com– posto delle sue strade abbandonate. Pascal poteva benissimo rappresentare questo registro dramma– tico e per questo bisognava illuminarlo come un • pericolo, come il pericolo più vivo della sua nuova · vita tranquilla fino alla fine, fino alla soluzione definitiva di questi giorni perfettamente vani e offerti a t1n'altra forma della sua passione, al ri– gore del suo nihilismo. D'altra parte c'è un'aperta contraddizione fra questa denunciata vanità delle sue parole e la costanza dei suoi esercizi, pur am– mettendo nella definizione cli· «esercizio» molta parte di gratuito e cli libertà minore, fra Teste che riempie la propria vita cli « absence » e Valéry che riempie la sua di cahiers per ribadire alla fine la puntuale cifra del nulla e del giuoco. E ancora quando egli ammette la conquista dei st1oi testi da parte cli qualunque lettore,la più aperta collabo– razione non può evitare ciel tutto una contamina– zione di passioni o almeno l'introduzione della passione _particolare ciel lettore, di un numero di– :vcrso cli domande e di soluzioni personali. Le vere poesie di Teste dovrebbero essere degli og– getti infrangibili, cristalli affidati esclusivamente alla propria forma irraggiungibile e irq:petibilc.
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