UOMO - Anno III - n. 3 - settembre 1945

bile guerra, siamo noi stes i che l'abbiamo combattuta: vi partecipammo per vincerla e siamo stati sconfitti, prima che nelle armi, nelle nostre premesse. Chi crede di cancella– re la sconfitta col dire che essa fu il nostro scopo, vilipende così il sacrificio onestamente fatto, in una partita mortale, da compagni, da amici, da concittadini nostri, il cui san– gue ci dovrebbe onorare, perchè fu sangue ;parso con la dedizione di un nobile sacri– ficio, sangue che ha purificato gli uomini anche se ne ha deluse le speranze. Questa guerra, che ci è grave come una nemesi per le nostre leggerezze improvvide di sempre, ma che ci determina tutta la vita, non va sconfessata: va accettata. Un'orribile menzo– gna, peggiore di ogni disastro, non ci deve mettere a zimbello del mondo e perpetuare la slealtà che già avemmo, noi con noi stes– si, durante il combattimento, quando, incer– ti tra timori e speranze, accettammo la lot– ta con una segreta riserva mentale, per esi– merci dalla responsabilità, se disfatti. Di fronte alla nostra tragedia, non di per– dono noi abbiamo bisogno, ma della forza per sopportarla qual è, per rifarci, per ri– dar pane ed onore alla nostra famiglia di– strutta. Se la nostra madre si è disonorata, noi dobbiamo amarla ed aiutarla egualmen– te, perchè dei suoi connubi fecondi e funesti noi siamo i figli: la sua condanna è la nostra vergogna. 85

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