UOMO - Anno III - n. 3 - settembre 1945

ritto di rinnegarlo, anche se ormai odiato e maledetto. L'averlo sperato, assieme alla delusione che ne seguì, non è tra le ultime cause di quel disorientamento e di quel sen– so cli stanchezza che si è venuto manife– stando in seguito fra noi. Stanchezza cli chi si crede saggio e non è che povero, stan– chezza che è vana protesta o rassegnata apa– tia, perchè la volontà non incide per connet– tere il de--<10 col sono. Nel presente vi è sem– pre per noi un vago sapor cli passato. Anche se ci ferisce non ci sorprende. Sappiamo tutte le sofferenze ciel mondo e giustifichia– mo quindi anche la nostra. Abbiamo le ener– gie adatte a comprendere, non quelle che ci aiutano per reagire: ed accettandola per la sua logica, attendiamo dalla storia le nostre ipotetiche vendette. E' questo il nostro istin– to, anche quando lo frastorniamo smenten– dolo col diniego cli inutili parole. Due volte sconfitti, dal tempo e dagli uomini, fingiamo nella furbizia meschina una intelligenza per– duta. Ci pesa l'apprendistato che c\obbiam sopportare. Esso vuole umiltà pazienza fati– ca, e l'orgoglio antico ci rende amara la pro– va. Siamo pessimi allievi, perchè abbiamo la boria e non più la fierezza d'essere stati maestri: e questa scuola cli sconfitta e cli dolore, che demolisce troppe delle nostre abi– tudini fisiche e mentali, ci fa soffrire. Non abbiamo l'animo schiavo, ma siamo schiavi di noi stessi, cli un noi stessi che vorremmo BI

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