UOMO - Anno III - n. 3 - settembre 1945
66 Aveva dato il suo lavoro, quel rigore d'esa– me, quella coscienza incattivita del male, del peccato, del disordine, a consumare un mar– gine, l'ultimo margine nel quale ci riduceva– mo e ci siamo ridotti con il nostro sommario di errori e di indifferenza, con la nostra dedi– zione ad una condanna. E il valore di Mo– ravia rimaneva proprio lì, in quel suo pri– mo libro, che era stato un'apertura di te– ma insolita nella nostra letteratura, nei no– stri tentativi di narrativa, con quelle pa– gine che avevano portato avanti una feccia amara, una protesta senza neppure gridi nella sua evidenza. Dopo « Gli indifferenti » Moravia ha scritto molti altri libri, molte altre pagine: sono stati i racconti de « La bella vita » de «L'imbroglio», il grosso volume de « Le ambizioni sbagliate», i racconti de« L'aman– te infelice», e l'ultimo racconto è « Ago– stino » : ampliazioni di un impeto già cen– trato ed espresso, la lettura si arresta spes– so nella monotonia, nonostante i tanti brani belli, le tante aperture su casi e sentimenti, il suo libro giovanile appare troppo l'esem– plare, il modello, come accade per gli scrit– tori precoci. Fatto quel segno lo scrittore non riusciva a sconfinare, ad aprirsi una via: la materia era grigia, ottusamente palpitan– te di una sua vita malata, facilmente inter– venivano ripetizioni, pause impacci, come ad uno che si muova nel fango, in una me!-
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