UOMO - Anno III - n. 3 - settembre 1945
« Gli indifferenti», ed è un libro violento nella sciattezza della lingua, un libro che mette a disagio il lettore con la coscienza di una realtà, la realtà dei suoi giorni, cli que– sti uomini sprovveduti cli un concetto, di una figura ideali. Sono proprio delle parole di Moravia ed instradarci, delle parole da un suo ragionamento sulla decadenza del per– sonaggio: « Evidentemente questa crisi ciel personaggio corrisponde ad una simile crisi ciel concetto dell'uomo .... Non resta altro da dire se non che più che il personaggio, conta soprattutto quella esperienza metafisica e mo– rale da cui a suo tempo nacque il personaggio stesso. Essa probabilmente va rifatta per in– tero. Per questo il romanzo non è morto, ma aspetta un nuovo concetto dell'uomo per ri– nascere degnamente ». E qui si potrebbe ri– spondere con Mauriac. richiamandosi alla definizione ciel romanzo di Saint-Réal; dipin– gere la propria epoca come essa si presenta, come è, un impegno ad essere storico dei propri anni e dei propri contemporanei, in– somma lo specchio portato avanti su una grande strada. Questo ciel resto è stato l'im– pegno di Moravia nelle sue pagine più effi– caci; scrivendo quelle sue note sul personag– gio, Moravia aveva dietro cli sè « Gli indiffe– renti », e cioè un romanzo, un effettivo ro– manzo, fatto proprio con i personaggi sban– dati, con gli umani senza risoluzione, prigio– nieri della miseria più intima e vergognosa. 65
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