UOMO - Anno III - n. 2 - giugno 1945

invocava: Leviamoci, o fedeli, nel rispetto, l'ammirazione, la fede, l'amore per un Dio che s'è mostrato a noi con tanta evidenza ... e anche noi leviamoci, noi che non crediamo ... (qui torna l'ardor vigoroso di Bossuet !), Mauriac, dal suo confessionale, non si leva: non è tra i fedeli felici, nè tra gli increduli. Un mondo di peccatori è ii suo, di uon-iini che non altrimenti sanno cercare la lm11ino– sità di Dio se non con il macerai-e i propri peccati nell'esame di coscienza. Quel tono confessionale della sua prosa (Nceud de Vi– pères è im esempio) esiste in quanto i suoi personaggi non sono buoni (le creature buo– ne sono senza storia: così afferma la prefa– zione a Terèse Desqueyroux) (2) ed hanno da scontare un vizio originale, lo stacco net– ta della prinw legge cristiana ed un peccato quasi continuo: la loro esistenza egoista... Per questi uomini che non sanno risolvere il loro male (Ma tilde Cazénave, in Génitrix, nel stto letto di malata ne pensait pas à prier: segno che la nwlattia era nel sentimento), il Cristo è soltanto ·il niiracolo oltre l'ultima riga del romanzo: essi meritano, attendono la condan– na, - e Gesù non condanna. Glorifìcatio no– minis mei, quod non est damnator, sed Je– sus: il 111io nome non è dannatore, 111a Gesù. (2-) A.ssai t)iù equanrirne il, Manzon.i, degli Sposi Pro. m.essi: ci è sembrato che la cognizioue del male quando ne produce l'orrore sia non solo innocua ma utile, a vropositMJ dii Geltrude. 29

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