UOMO - Anno III - n. 2 - giugno 1945
28 quae vincit mundum. fides nostra: ma di quanti peccati (sociali, anche) essa avrebbe dovuto render conto alla coscienza del mon– do, senza doversi pi·u affidare alle grazie troppo affilate di im Voltaire, alle spallate di uno Zola, al ruggire anacronistico, orm,ai, di un Hu.go, alle leggende troppo profumate d'orientalismo di un France? A questi nomi la domanda della fede era straniera: come avrebbero potuto essi intendere il metro di M aitriac r È proprio il M aiwiac esegeta della Vita cli Gesù, che presenta il proprio lavoro come inteso a cogliere il Cristo in tutto ciò ch'egli ha cli particolare, cli irriducibile: e questo è l'invito a chiedere in Cristo, ognu– no per proprio conto, chi Egli sia: tu quis es? Quid clicis de te ipso? - domanda che a Gerusalemme i sacerdoti avevano rivolto al Bnttista. Per im giansenista tardivo, per una violenta vittima cristiana del nicianesimo qua– le ad ogni tratto M auriac si dimostra, quel– l'interrogazione, chi sei tu?, aggiimta a ciò che di particolare lo scrittore ed il peccato– re singolo troveranno nella figl(.radel N azza– reno, significa infatti mimrar la distanza che corre tra la propria imperfezio11e e quella litce, tra la propria disposizione al peccato e quella purezza. Distanza variab·ile in ognuno di noi (ma a.ppl(.ntociò dimostra quanto sia importante, in Francia, iJ metro della psico– logia), che diversifica in ognuno di noi quel– la figura ... Cosi, se Lacordaire, dal pulpito,
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