UOMO - Anno III - n. 1 - febbraio 1945

66 affermare che tutto ciò che esiste è bene. I fatti non sono necessariamente buoni solo perchè son.J fatti; però è falice crederlo. La mente umana ha la tendenza ad attribuire non solo }esistenza a ciò che considera abbia Yalorc, ma anche valore a ciò che esiste. Se noi accettiamo l'universo, lo dob– biamo accettare puramente per le ragioni di Giobbe - per la sua inumanità divinamente terribile e divinamente bella o, in altri termini, perchè esso è, secondo la nostra misura, assolutamente inaccet– tabile. Noi dobbiamo accettare Beemot, ma accet– tarlo, tra l'altro, per poterlo meglio combattere. La Grazia è una realtà, e la legge della Grazia è ineluttabile. Ma un mito religioso che pren– desse in considerazione solo la Grazia e omettesse di parlare della Giustizia sarebbe tutt'altro che soddisfacente. Tale il mito di Nietszche. I valori che egli non riconosce sono i valori sociali, ed egli li trasforma nei valori della Grazia. « Rie11 q11e /es é/11s », dice il filosofo della Grazia: sol0 gli eletti, e coloro che non sono gli eletti non sono nulla. Alla legge della Grazia va lasciato liber9 gioco, senza restrizioni. Nessun recinto intorno ai burroni; coloro che la Natura ha ripro\·ato de vano essere incoraggiati a cadere. Una dottrina di questo genere può andare molto bene per uo– mini di genio cronicamente moribondi che vivono solitari in alberghi alpini o pensioni in Riviera. (Io stesso mi sento sempre intensamente aristo– cratico dopo un mese o due di isolamento nelle Dolomiti o sul Tirreno). Ma per coloro che nella prosaicità di Londra, di Berlino o di Parigi deb– bono dare la spinta nel burrone? per quelli che de– vono essere spinti ... ? Basta porre la questione per rendersi subito conto che una religione basata sopra una Grazia inflessibile non può andare.

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