UOMO - Anno III - n. 1 - febbraio 1945

lontano quel bambino, é piccolo; macché bam– bino, dicevo io, siamo uomini, noi. Ti presi per mano e dicevi : siamo uomini. Sempre andavamo come due amici a testa bassa, non guardandoci in viso. « Un'altra volta» disse mio padre « tua so– rella e i suoi amici avevano costruito un gran ca– stello di terra bagnata sulla riva e tu, escluso dal gioco, venisti a chiedermi aiuto. Allora insieme io e te ci mettemmo a farne uno anche più bello : io avevo in capo per scherzo il tuo berrettino, ero l'ingegnere, l'architetto, tu il mio aiutante: dicevo aiutante un po' d'acqua oppure un po' di sabbia, oppure aiutante dà un colpo di paletta qui... Il castello venne su bellissimo, aveva un fossato in– torno, in cui correva l'acqua del mare, cortili amplissimi, giardini, scale, torri, pinnacoli, cupo– le, obelischi. Tu battevi le mani felice e anch'io ero piuttosto soddisfatto». « Era proprio grande » dissi io. « Eh,- sì» disse mio padre con un sospiro « gran– dissimo». Arrivato al molo, poiché si faceva sera, deci– demmo di ritornare, passando per la città. Era l'ora elegante, molta gente s'accalcava oltre le vetrine delle pasticcerie, davanti ad esse: il cielo appariva altissimo, perpetuo. Mentre discendeva– mo lo stradone del lungomare, staccandosi da un gruppo, anche mia sorella s'unì a noi; mi venne accanto, prendendomi sottobraccio. Mi pareva di conoscerla allora per la prima volta, guardavo i suoi capelli fini e il viso bellissimo e triste, d'un lume un poco offuscato: mi accorsi d'un tratto di volerle molto bene. Quella era l'ultima sera, ci trovammo con gli amici sulla terrazza dell'albergo, seduti lungo la balaustra di pietra interrotta ogni poco da vasi scolpiti in cui esitavano luttuose rose. La notte muoveva da tante rose, fatta pura e ghiacciata da un grammofono che qualcuno mise in funzio– ne. Coppie leggere ballavano nel buio, oltre il pa- 3S

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