UOMO - Anno III - n. 1 - febbraio 1945

zina di due anni più piccola, tranquilla e docile; le portavo un vero affetto, accresciuto da un senso di compiacenza per la sua continua e placida di– sponibilità ai miei capricci e gusti. Una sera, nella ricerca della palla da tennis che c'era sfuggita, capitammo a un minuscolo chiosco di rampicanti situato in un angolo del giardino, che portava nella sua ombra un sedile di pietra sbocconcellato. Ci sedemmo a cavalcioni: qualcuno aveva dimen– ticato sulla panca un mazzo di carte pel gioco dei tarocchi e subito la mia compagna se ne impa– dronì con curiosa eccitazione, proponendosi ad al– ta voce di trarne il mio avvenire. Era una fin– zione, una burla : ma nell'istante, con angoscia, mi sentii incrinato da un'inerte paura. La bar.1- bina andava ordinando sulla pietra le carte: quei visi, quelle imagini deformi e d'equivoca colora– zione, s'inserivano ne11o spazio grigio con una sorta di melliflua violenza, d'obliqua minaccia. Un mortale fl!rrore mi nasceva a poco a poco dagli occhi instancabili dei sinistri eroi, un loro minac– ciarmi senza figura, con morbidezza; m'ango– sciava l'idea che il mio futuro potesse procedere da tali imagini, ch'esse aprissero, sprofondando, un buio segreto poggiato con precario equilibrio in me e lo infettassero. Dissi alla compagna di smettere e poichè non m'ascoltava, le afferrai il polso, per strapparle il mazzo; agivo con furia; la tenevo stretta malgrado i suoi pianti e solo quando mi morse la mano, mi decisi a lasciarla. Ci volle molto tempo perchè quell'oscura paura mi si cancellasse dall'animo; e penso infine che non mi abbia mai lasciato del tutto. La Luisa ripetè un paio di volte il gioco, fin– chè ci raggiunse anche sua sorella. L'Adriana si appoggiava alla mia spalla per guardare; giran– do un poco il viso vidi la sua gota nitida e sere– na, tranquilla grazia; fui assolutamente sicuro che essa non partecipava del nostro strazio, un poco di là da questa esausta disperazione, inattaccabile, 33

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