UOMO - Anno III - n. 1 - febbraio 1945
una morte. Se tu sapessi tollerare ...); invece, per contrasto, le parole mi venivano semplici e banali, s'ordinavano in un discorso destituito d'importan– za; raccontavo dei miei studi, delle mie prefe– renze, delle mie idee più esterne e pubbliche. Sen– timmo le voci dei compagni che ci chiamavano in distanza : l'Adriana non accelerò il passo nè mostrò impazienza; nel superare una siepe che costringeva a chinare un poco il capo sotto un intreccio di rami a mezz'aria, le passai un attimo un braccio attorno alle spalle. Sulla strada ritrovammo gli amici e le biciclette; m'accadeva di provare insieme quell'indistinta gioia di prima e una tenera angoscia. Innanzi di salire in camera a prepararmi per la cena, rimasi d'accordo con l'Adriana e sua sorella che insieme agli altri compagni saremmo andati al cinema, quella sera; ma quando più tardi le cercai, un cameriere mi disse che le signorine erano già uscite per recarsi altrove. Non so perchè, la cosa mi spiacque moltissimo; non era soltanto orgoglio offeso, mi pareva che tutta la giornata così cara e affettuosa ne rima– nesse irreparabilmente deturpata. Rientrai, più tar·– di, nella nostra camera, io e Antonio ci sfogam– mo col dire atroci cose del genere umano nel suo complesso e di quello femminile in partico– lare; tutto ciò liberò non poco il nostro rancore: addormentandomi promisi in cuor mio che non mi sarei tuttavia mai umiliato a chieder spiega– zioni d'un atteggiamento così inqualificabile. Rivi– di l'Adriana la mattina dopo, ma non le dissi nul– la : però qualcosa del mio interno risentimento doveva trasparire, perchè l'Adriana quel giorno fu particolarmente gentile con me; a sera la mia indignazione era pertanto sfumata. Pacifiche o cruenti costellazioni passavano nel cielo, il loro vento si propagava alle stagioni. Venne il settembre, le vacanze volgevano ormai al termine. D'improvviso ci fu dinnanzi quella 31
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