UOMO - Anno III - n. 1 - febbraio 1945

26 il mare; prendevo sottobraccio qualcuno, la Gio– vanna o l'Ada, talvolta l'Adriana (non molto spesso però, il gesto nei suoi riguardi m'intimi– diva come se lo caricassi d'un significato ecce– zionale, benchè l'Adriana non mostrasse in nulla disappunto o noia o qualunque altro sentimento men che cordiale riguardo a ciò. Mi ripetevo dunque ch'era molto sciocco il mio modo di com– portarmi e mi proponevo ogni volta di porvi fine). Andando verso il m.olo ci univamo a catena, nel buio le braci delle sigarette scoprivano i nostri volti indifesi; ci fermavamo dove l'acqua s'an– nunciava sul vuoto. Al ritorno, con i lumi, ci in– contravano i voli delle orchestrine, la musica delle canzoni e dei ballabili in voga, invitandoci al can– to. Accadeva che ci fermassimo nei caffè oppure anche no. Più tardi accompagnavamo a casa l'Eli– sabetta, ma prima di lasciarci ci sedevamo in gruppo sulla scala d'ingresso sparpagliati un poco qui e un poco là, in due o tre per ogni gradino. La scala parti va da un vestibolo, fronteggiando la porta spalancata su un giardino oltre cui stava il mare, e si perdeva a un buio per l'alto. Rima– nendo lì in silenzio, vedevamo il riquadro della porta dipingersi azzurro sul pavimento di pietra; la luna mandava d'improvviso, senza scuotere le stelle, un vento che ci toccava il cuore. Cadeva dentro di noi qualche finzione, patita con segreta angoscia durante tutta la giornata, e in quelle passate e in quelle di là da venire. I visi, per un attimo, si scoprivano esausti e delusi, feriti di tanta giovinezza. (Queste almeno erano le mie sensazioni e credo di non esser nel falso sti– mando che consimili fossero le imagini che occor– revano ai compagni). Saliti nella nostra stanza, io ed Antonio, spo– gliandoci, parlavamo a lungo, scambiandoci le confidenze. Era questo il momento più bello della giornata, il caro culmine d'una mutua amicizia. Gli chiedevo con un poco di malizia s'era sempre

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