UOMO - Anno III - n. 1 - febbraio 1945
24 dosi le gambe con la rena). Ero piuttosto seccato; dissi « In nessun posto>>. « Come in nessun posto?» soggiunse Antonio « T'abbiamo cercato». Ero deciso a mostrarmi scortese ; dissi « Ah, sì? Avete fatto male. Non potete lasciarmi in pa– ce un momento? » «Uh» disse l'Elisabetta scappando via « come sei antipatico, ti picchierei ». Ero soddisfatto, tut– tavia la mia finzione cominciava a pesarmi; co– sicchè quando vennero a prendermi per mano, in– vitandomi a una partita di palla a volo, ritenni di poter accettare senza pregiudizio del mio orgoglio. Accadeva anche che dopo il bagno ci sdraiassi– mo fianco a fianco, sotto il sole: lo splendore del– l'alto cielo si decantava in puro sangue attraverso le palpebre abbassate, le figure degli amici si fa– cevano a un tratto nel mio cuore più delicate e preziose. Una neghittosa inerzia ci teneva, un mirabile torpore; neppure più parlavamo, le ban– diere rosse e bianche battevano a stento sui pen– noni. Ormai l'amicizia tra noi compagni era nota e acquisita anche agli estranei, il nostro gruppo conosciuto un po' ovunque sulla spiaggia; la sim– patia reciproca veniva così rafforzata da un'inge– nua vanità. Ad esempio la mia confidenza con l'Adriana e sua sorella, ultime venute nella bri– gata, si andava approfondendo di giorno in gior– no. L'aver in comune la città ove vivevamo, gli studi, i conoscenti di laggiù contribuiva non poco a tale intimità, di cui assai mi compiacevo: nac– que tra noi quasi un gergo privato (o almeno io m'illudevo, m'illudo tuttora che così fosse). Di– scorrevamo seduti sulle poltroncine di vimini, sul– le tavole di marmo nella terrazza dell'albergo che rompeva d'ombra il primo pomeriggio. Bambini giocavano, nella ghiaia sottostante, s'inseguivano per la scalinata con fitte grida. Nel mio cuore invidia e disprezzo si mescolavano per quell'igno– ta felicità, il buio placido del loro sangue. Gli
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