UOMO - Anno III - n. 1 - febbraio 1945

22 tri, l'ombra della Galleria e del parco, detta con cieco entusiasmo, strappando quasi l'uno le frasi di bocca all'altra. L'Adriana nel parlare sorrideva con frequenza, mostrando denti bellissimi; al– l'angolo delle palpebre però il sereno turchino si faceva crudeltà. Il rumore del vento e delle on– de ci impediva di tenere un discorso filato: ad un momento l'urto del mare contro il fianco del cutter mi spinse sulla spalla l'Adriana che rise: da parte mia non so perchè arrossii. Le due sorelle eran giunte il giorno prima al nostro albergo, così che le rividi scendendo a ce– na; in tal modo anch'esse entrarono a far parte della nostra compagnia : io per primo diedi ad Antonio l'annunzio delle nuove amicizie. Quei giorni erano aperti, nel loro spazio il tem– po s'ordinava come un dono prezioso e feroce; l'estate manteneva un lume sincero sul mare e la sabbia, bruciava pazientemente nei turchini nei rossi nei verdi delle tende e dei capanni. Fin dal primo mattino scendevamo sulla riva, in gruppo : la luce della marea era castissima, i nostri volti si riconoscevano con gioia. Stavano con noi le ragazze, i nomi erano Elisabetta Adriana Giovan– na ed altri : ancora un poco morbide di sonno, si ravviavano i capelli scompigliati. Per un poco ci sdraiavamo sulla rena, riparando con la mano gli occhi dal sole che cresceva a oriente, finchè qual·– cuno non diceva una parola, suggeri va l'impresa; allora correvamo in massa all'assalto dei pattini, incoraggiandoci a vicenda con grida e risate. Le nostre compagne diguazzavano nell'acqua a fianco dell'imbarcazione, chiamandoci; finchè, quando la stabilità del pattino era assicurata, salivano con grazia elastica e leggera. Il mio pattino era quasi sempre il medesimo, mi piaceva moltissimo per il suo aspetto gentile, tutto a righe bianche e azzur– re. Una volta mi toccò in sorte a bordo l'Adria– na; le nostre imbarcazioni erano uscite un poco al largo per aver più tranquillo campo di gioco, in-

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