UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944
66 essere risolto in un equilibrio che si rinnova e si muta ma non può in nessun momento venir meno. Lo dobbiamo riso!vere, oggi, in presenza di una rivoluzione che porta avanti i lavoratori, cioè, per la prima volta, tutti. Dobbiamo insegnarne la soluzione, quindi, con un linguaggio che dai lavoratori possa essere compreso: il linguaggio del lavoro, per ciascuno diverso, nei modi, per tutti eguale nella sostanza. La vita all'officina o al campo è vita reale, momento essenziale nella giornata. Costruiamo su questa pietra insostitui·– bile l'edificio intero, traiamo dalla premessa parti– colare un ordine più vasto - completo - e non avremo più necessità di ricorrere a incomprese strutture. Si tratta di semplificare la vita, oggi spezzata, disorganica, confusa. Forse è anche il solo modo valido, cioè quello attraverso al quale si arriverà al risultato concreto che più conta: ri– dare agli uomini la tranquillità degli spiriti, riaf– fermare per tutti una dignità morale, assicurare a ciascuno un lavaro sereno, non condanna, ma esaltazione della sua personalità. Semplificare la vita vuol dire richiamare gli uomini a quei pochi valori essenziali che si chia– mano amore e odio, nascita e morte, capacità di credere e sofferenza di dubitare, sui quali tutto gira. Vuol dire, in campo politico, liberarli dagli incagli, dalle divisioni, dagli astii in cui sono ca– duti: trarli fuori, insomma, da quei comparti– menti stagni, che come spezzano le nazioni con le partigianerie, così spezzano gli individui, facendo loro assumere, a seconda delle ore del giorno, pre– occupazioni che sembrano non aver nessuna con– nessione e rendono il cittadino un «anonimo», ora «operaio», ora «acquirente», ora « contribuen– te», ma raramente <<lavoratore», quasi mai Uomo.
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