UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944
56 dissime. Mosse da una fede, che nel momento della battaglia è più visione o intuizione che non 1 agio– nata meditazione, le minoranze rivoluzie,11arie si creano anche un'etica adatta alla realizzazi~nc dei propri programmi ed al conseguimento delle mete prefisse. Spregiudicatezza, generosità, dedizione. sacrificio: sono queste le qualità positive crie esse pongono sulla bilancia per compensare in qualche modo la evasione continua ai canoni della morale consuetudinaria. Essi hanno più esuberanza ..:h~ pazienza, più sensibilità che preparazione, più dina– micità che prudenza. Hanno una sola giustifica– zione morale, ma è sufficiente per rendere tran– quille le loro coscienze : la « necessità » del pro– cesso di cui si chiamano antesignani. Hanno una sola giustificazione sociale, ed è sufficiente perchè non si rimanga sconcertati al ripresentarsi perio– dico cli tale stato d'animo: la sua « storicità >>, cioè la sua ritmica e indispensabile ricomparsa in ogni epoca di crisi e di preparazione. Se i rivoluzionari cli tutte le epoche sapessero rispettare anche l'eterna legge morale, sarebbero degni di quei santi che come Benedetto da Norcia e Francesco cl' Assisi trasformarono il mondo con l'amore e non con il sangue. Ma le rivoluzioni, invece, hanno sempre una morale singolare: è una morale che chiede dei privilegi a ricompensa del rischio e dei sacrifici e non riconosce diritti ac1 altri fuori che al proprio ideale. Si tratta quindi di una irregolarità nella vita della comunità, un sovvolgimento del programma « parità di diritti e parità di doveri a parità di funzioni ». Dalla fine del periodo eroico della storia un atteggiamento del genere ha perso il diritto alla esaltazione. L'ul– timo tentativo in ordine di tempo di risvegliare la morale signorile, la morale del superuomo, ha avu-
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