UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944
della vita, e la favola è prossima alla fine. Ma più spaventose cli tutto erano le monta– gne, chiuse nei loro silenzi. Pareva che io avessi soltanto tolto via per un istante gli sguardi, tanto erano rimaste uguali; che io avessi chiuse le palpebre per riaprirle subito dopo, anzichè essere anelato consumando anni su anni, inutilmente, in cerca cli ciò che non si trova. Così all'improvviso, invece cli tenere nostalgie, mi prese la tetra consta– tazione cli sentirsi soli. Altro che care piante, care montagne, altro che vecchi amici. Io non avevo mai saputo niente di loro, nè loro cli me, ecco il fatto. Non si erano neppure accorti che io esistessi, povero illuso. Una barriera senza pietà in mezzo a noi ; cli là la mia diletta campagna, gli alberi, le monta– gne, le bestioline, i rami secchi. le nuvole, la voce ciel fiume, il canto degli uccelletti, sui quali il tempo non passa; e di qua io, solo, che mi guardo intorno inquieto, e ho la faccia piena di rughe. ACQUA CHIUSA Quando al colmo della festa, meraviglio– samente ubriachi, ci sentiamo prossimi al dominio ciel mondo, può accadere che per bisogno abbandoniamo il salone ciel Grancl 43
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