UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944
Ma vedo, caro Valsecchi, che la lettera rischia di oltrepassare i limiti che m'ero proposto: pure que– ste dichiarazioni mi parevano necessarie a precisare alcune proposizioni accennate già tra di noi. Che sarà, insomma, questo romanzo che aspet– tiamo? e quando la storia dei fatti «diversi» di– venterà romanzo? Verga che di queste cose si intendeva assai, nell'inviare a1l'amico Farina una sua novella pre– metteva questa enunciazione che vale ritrascrivere: « Quando nel romanzo l'affinità e la coesione di ogni sua parte sarà così completa che il processo della creazione rimarrà un mistero, come lo svol– gersi delle passioni umane, e l'armonia delle sue forme sarà così perfetta, la sincerità della sua realtà così evidente, il suo modo e la sua ragione d'essere così necessarie, che la mano dell'artista rimarrà assolutamente invisibile, allora avrà l'im– pronta dell'avvenimento reale, l'opera d'arte sem– brerà essersi fatta da sè, aver maturato ed esser stata spontanea come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore, al– cuna macchia del peccato d'origine». E noi aspettiamolo dunque su questa scia, il romanzo; risalga dai fatti umani - naturalmente - ad una verità, perchè sta qui la nostra ansiosa volontà di fare il romanzo, proprio in questo reli– gioso amore di voler rifare la nostra storia sulle rovine della nostra storia. tuo D. PoRZIO Dal/'Ambria, selfembre 1944. 37
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