UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944

più diretto contatto con l'uomo, sventolò quella parola come una bandiera e la mise al centro di ogni altro interesse, ma presto il vocabolo si di– latò e fiaccandosi si esaurì: il sentimentalismo fu la decadenza di quel termine. Ben precisava a proposito Goethe, il quale ad Eckermann che do– mandava se in Nianzoni vi fosse sentimentalismo, rispondeva: « Affatto. In lui c'è sentimento, per– chè le circostanze sono umane e trovate sempli– cemente>>. Il valore del sentimento ( o dello stile) sta nel– l'ordine umano e naturale delle circostanze: il che è come dire nello svolgersi logico delle vicende; nella « verità » del personaggio. Voglio anche accennare al senso di un rapporto - quello tra l'autore ed i personaggi - che se ho già indicato nel rigore di una « responsabilità» dell'autore pure vedo che può condurre ad un peri– colo: il giudizio. Qui ricordo che Gide, nella pre– fazione all'Immoraliste, sottolinea con intelligenza << Je n'ai voulu faire en ce livre non plus acte d'ac– cusation qu'apologie, et me suis gardé de j uger » e aggiungeva « j e n'ai cherché de rie11 prouver, mais de bien peindre et d'éclairer bien ma pein– ture ». Ed ha ragione, perchè la presenza deWau– tore nei personaggi non deve mai trascinarlo a giudicarli, e ciò vuol dire che se pure l'autore annunziando << un fatto» pone anche « un proble– ma>> ciò non lo autorizza a nessuna risoluzione. E' forse quest'ansia di voler formulare ad ogni costo un giudizio che lega spesso l'opera ad un impaccio finanche narrativo, trattenuta a « pro– blemi » volontariamente posti e non sufficientemente risolti. Questo. per una carenza che è solo nell'au- 35

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