UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944
34 Beuve intendeva per «stile». Questo perchè non stimo possa sussistere, per la validità della scrit– tura, un problema di stile: lo stile è il sentimento, anzi l'unica traduzione, su di piano estetico, del sentimento. Non ha stile chi non ha sentimento e 11011 varrà quindi una tecnica dello stile, nè una teoria; ma varrà invece una « essenza » intrinseca all'autore che lo farà ricco o povero di sentimento e quindi ricco o povero di stile. Lo stile preesiste alla pagina perchè è già nel– l'autore come sentimento, ed ha ragione Emanuelli nel dirci che « se è possibile una scuola di idee, non lo è certo per i sentimenti : qui ognuno deve essere maestro a se medesimo». Una scoperta - questa dei sentimenti - che coincide con la scoperta di noi stessi, se la storia di ogni uomo è la storia dei suoi sentimenti. V'è però in quest'ambito un pericolo che va dichiarato subito: esiste una forzatura del sentimento (una forzatura dello stile) che si chiama se11ti111e11talis1110. E questo è il sentimento (Io stile) innaturale, il sentimento malato. Si apre su questi due termini così facilmente sconfinanti, uno dei capitoli più sensibili della po– lemica romanzesca; o meglio il più frainteso. Dire quello che è il «sentimento» 11011 si può: sarebbe assurdo definirlo in una formula, ma pure ci ac– corgiamo della sua presenza in un'opera, e in un'opera sappiamo distinguere quello che senti– mento non è, quello che è vizio e formalità let– teraria. Il sentimento è prima dell'arte e in essa si fonde per attestare una umana testimonianza, per indicare nell'artista anche la presenza dell'uomo. La felice rivolta romantica riportando l'arte ad un
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