UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944
si distingue dalla forma ideale, esiste una speci– fica questione del rapporto tra realtà e moralità. E non si tratta più semplicemente della questione se la moralità debba o possa risolversi tutta nella realtà, come si diceva per la conoscenza, ma di una questione, in certo senso più grave: se, cioè, la moralità sia possibile o no di fronte ad una realtà, o più precisamente di fronte alla Realtà. Se, infatti, la moralità si dovesse risolvere completa– mente nella realtà, e, cioè, se il bene fosse bene soltanto in quanto è essere reale, e non in quanto esiste una volontà che lo apprezza come tale, allora la volontà sarebbe necessariamente determinata dalla realtà, non esisterebbe più come volontà; e non esistendo una volontà, non può esistere la mo– ralità. La questione, naturalmente, non sorgerebbe se la realtà fosse o dovesse essere soltanto una: in questo caso la volontà, pur distinguendosi in qual– che modo dal reale, coinciderebbe in sostanza con la semplice spontaneità vivente di quell'unica real– tà. Ma noi non abbiamo affatto escluso, nè possia– mo escludere che le realtà siano molteplici; in– fatti, se lo escludessimo confonderemmo insieme logica e realtà, attribuendo a questa l'unità, che appartiene necessariamente soltanto a quella. Ora, è appunto perchè tale semplice possibilità diventa poi qualche cosa di effettivo e di concreto nella nostra esperienza, che sorge la questione se le real– tà possano essere veramente libere, e cioè essere dotate di una volontà, di fronte alla Realtà; se, insomma, l'esperienza che noi facciamo della no– stra libertà sia una certezza o soltanto un'illusione. Certamente, non dobbiamo dimenticare che, pur sentendo vivamente l'esigenza di affermare o di difendere la nostra libertà, noi siamo una realtà, 19
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