UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944
Certamente, nell'etica rosminiana, l'intuizione del_ l'essere in sè, e cioè dell'idea dell'essere, non si limita a questa funzione, diciamo così, negativa, di distinguere il principio morale da un altro qual– siasi principio pratico. L'intuizione dell'idea del– l'essere è l'elemento positivo e costitutivo della legge morale stessa, che, com'è noto, suona così: Riconosci -inpratica l'essere quale lo hai co11osci11to in teoria; o, più brevemente (tenuto conto, cioè, che in teoria gli esseri, in forza dell'idea centrale che tutti li illumina, si conoscono in un certo ordine ed in un certo sistema): R1:co11osci pratica– mente fessere 11ell'ordi11e suo. La morale rosmi– niana1 dunque, è così poco scissa dalla conoscenza, che anzi è radicata nella conoscenza stessa, ed ha un carattere nettamente e fortemente intellettua– listico. Si dovrà, allora, concludere alla subordinazione idealistica, e razionalistica in genere, della moralità alla conoscenza? Per rispondere a questa obbie– zione, che è una delle più gravi, e forse la più frequente, che viene mossa alla dottrina morale rosminiana, bisogna insistere ancora una volta sulla distinzione fra intuizione e giudizio. L'intuizione, sia quella fondamentale ed origi– naria dell'idea dell'essere, e sia quella che ha per oggetto i singoli esseri idealizzati, è una forma di conoscenza contemplativa, in cui la mente si fa specchio dell'idea, e la accoglie in sè con una spe– cie di immobilità e di passività; si tratta, perciò, di una forma di conoscenza che non determina af~ fatto il volere. Per fare un curioso esempio, che piace a Rosmini, ognuno tende ad esagerare l'al– tezza del campanile del suo paese; ma l'idea del campanile, per se stessa, è fissa nella mente del più acceso campanilista, così com'è, senza alcuna alte- 15
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