UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944
14 necessario, discorrere delle conseguenze che deri– varono a tutta la cultura filosofica postkantiana da questo scisma, per così chiamarlo 1 della morale dalla conoscenza. Ci basterà osservare che, quando la posizione cli Kant non è stata superata con l'in– serzione della morale nel processo dialettico ciel diYenire (il che hanno fatto, in genere, gli idea– listi, ed in questo caso la morale stessa perde la sua assolutezza e la sua autonomiat è avvenuto quello che si potrebbe raffigurare coi due famosi cavalli della biga platonica, liberati dalla mano dell'auriga; e cioè un anarchico insorgere ed agi– tarsi di tendenze cosidette antiintellettualistiche, nelle quali s'incontrano e si mescolano gli ideali pratici più contrastanti: i più nobili e i più volgari; donde quel complesso cli cupiclige sfrenate e di va– lori profusi e dispersi, che caratterizza la nostra epoca, anche sotto l'aspetto politico e sociale. Ora, è facile vedere che, nel criticismo rosmi– niano, pur distinguendosi il giudizio pratico dal giudizio teorico, lo scisma della morale dalla co– noscenza non avviene. Non avviene per le mede– sime ragioni per cui è avvenuto nel criticismo kan– tiano. Per Rosmini, infatti, la conoscenza si fonda, non meno che la morale, su un principio di asso– lutezza e di universalità: su un principio, che, logicamente, non può essere che unico, giacchè è assurdo pensare a due assoluti e a due universali. O se vogliamo considerare 1 anche qui, la cosa sino in fondo, osserveremo che proprio quella nozione intuitiva e fondamentale dell'essere in sè, che è necessaria per distinguere la legge morale da qualsiasi altra massima pratica, è la categoria fondamentale del conoscere, l'idea dell'essere di cui abbiamo già parlato a proposito del problema della conoscenza.
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