UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

ganizza le modeste realtà del senso in un si– stema sempre più vasto e più complesso, ed ar– riva anche ad ammettere una realtà che trascen– de l'esperienza stessa; ma, con tutto questo, il reale non si identifica mai coll'ideale, nè l'ideale si identifica mai col reale: sono due forme del– l'essere, che si richiamano e si corrispondono, ma senza mai confondersi. Anche questo, co– me l'accettabilità dell'esperienza quale fatto pu– ro e semplice, può sembrare qualche cosa di troppo naturale ed evidente, e può stupire che il Rosmini ci insista tanto. Chi non capisce che altro è una cosa e altro è l'idea della cosa stessa? Eppure, quanti filosofi confondono l'i– deale con il reale, e ad una forma dell'essere attribuiscono quello che è proprio dell'altra! Il Rosmini, più che polemizzare con tali filosofi, non fa che appellare, appunto, all'osservazione comune, alla normale intelligenza delle cose. Ma, siccome ai nostri tempi l'osservazione co– mune e l'intelligenza normale sono argomenti per lo più svalutati o fraintesi, gioverà racco– gliere e sviluppare gli accenni polemici che ci sono nel Rosmini stesso. La confusione, e cioè l'attribuzione delle pre– rogative ideali al reale, o delle prerogative reali all'ideale, si può fare, evidentemente, solo per un'esclusiva importanza che si dia all'idea, op– pure alla realtà. Ora, chi dà un'esclusiva im– portanza all'idea vorrebbe ridurre la realtà en– tro quella rigida unità ed immobilità che ap– partiene all'idea: ma, siccome questo non è pos-

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