UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

In secondo luogo, egli non è difficile a concepirsi, che per qualche tempo si con– servi una cotale uguaglianza di forze fra i partiti più grandi della società, quali sono il democratico, l'aristocratico e il monar– chico; ma egli è impossibile che si trovino in uno stato di continuo equilibrio i par– titi minori, che possono essere innumera– bili, come innumerabili sono gl' interessi diversi, le opinioni e le consuetudini: e però se i partiti equilibrati producono una certa equità nelle pubbliche disposizioni, lo squilibrio de' partiti minori apre l'adito ali' ingiustizia, tanto maggiore quanto è maggiore il loro accalorimento. Finalmente, la massima, che si debba costituire fra i partiti un equilibrato anta– gonismo e mantenervelo, non può esser mai una massima di stato; perocchè non vi ha nessun uomo, o sia nessun potere umano che voglia o possa ridurla alla pra– tica. Se vi fosse questo potere, esso do– vrebbe essere di lunga mano più forte di tutti i partiti o è un partito egli stesso, o no. Se esso è un partito che dominando gli altri li equilibra fra loro e li mantiene equilibrati, in tal caso non è più il primo espediente che si adopera a salvare la so– cietà dai partiti, ma il secondo, quello,

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