UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

36 pratica), potrebbe apparire una sottintesa superio– rità della morale a paragone della conoscenza e quindi una forma di moralismo unito con uno scet– ticismo teorico: esso è invece solo una formà di idealismo etico. Per questa fondazione critica, la nostra condotta ci è dettata dalla legge, è sempre condotta razionale, non misticismo pratico. La filosofia morale di Kant non costituisce quindi una costruzione indi– pendente, una posizione dogmatica, eretta arbi– trariamente sulle rovine della metafisica, ma è l'in– terpretazione filosofica del fatto morale e la sua elevazione a significato metafisico, un completa– mento quindi anche del problema gnoseologico, dalla Critica della Ragion pura lasciato interrotto e svolto sotto l'aspetto prevalentemente negativo. Abbiamo ristretto lo studio all'interpretazione che il Martinetti ha proposto della prima Critica kantiana; ed essendo questa la più controversa e difficoltosa, la soluzione ricavatane era decisiva per la successi va esplicazione filosofica. Al Martinetti importava dimostrare come anche in Kant la filosofia avesse come compito supremo di fondare speculativamente la vita religiosa. Per questo egli attribuisce alla prima Critica una funzione ricostruttiva e metafisica. Con l'eli– minazione di tutte le concezioni naturalistiche della realtà e di tutte le concezioni superstiziose del tra– scendente, essa prepara il terreno alla fede morale. Per tale spirito che ne informa l'opera, egli tende a fare di Kant un riformatore religioso. E come tutta l'opera sua di studioso di storia della filo– sofia è volta a tracciare più che una storia di siste– mi, i fondamenti di una filosofia della religione, così

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