UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944
veracità sta soltanto in quella indicazione che bal– za viva come concreto significato in quel tormento, in cui la ragione, con la sua sublimazione meta– fisica, pone il conoscere umano. Così, attraverso Kant, noi siamo venuti a comprendere come anche nel conoscere finito possiamo cogliere l'indicazione dell'Assoluto: l'universalità delle leggi che non ci vengono dall'esterno, ma hanno la loro origine nell'assoluto che è in noi. La critica segna l'avvento definitivo e conscio della costruzione filosofica, apre la via alla meta– fisica critica. « E' la ragione stessa, nella sua forma più alta, che ci rivela l'assoluto e che deve essere per noi il simbolo dell'assoluto; sopratutto la ragione, in quanto nella legge morale ci rivela qualche cosa che è, per noi almeno praticamente, un asso– luto. Una metafisica, quindi, puramente umana e simbolica, ma che assolve al suo vero compito: che è di guidarci con sicurezza verso i nostri più veri e più alti destini » (4). Come si vede il Martinetti, sulla scorta del Paul– sen (5), esclude che si debba restringere il signifi– cato del pensiero kantiano alla soluzione del pro– blema gnoseologico. La prima critica ha invece un valore strumentale ed appare diretta a fini che oltrepassano il fondamento della conoscenza, per giungere ad una razionale giustificazione degli in– teressi etico-religiosi dello spirito. Il carattere della filosofia, non solo kantiana, non può che essere metafisico, religioso : il Kant critico deve essere inteso alla luce del Kant pla– tonico. E' dunque nella morale di Kant che noi dobbiamo cercare la sua vera metafisica. Tuttavia questo privilegio attribuito da Kant all'autoconoscenia morale (superiorità della ragione 35
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