UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944
32 via ad una realtà assoluta, ma la pone nello stesso tempo come inconoscibile. Le metafisica, nel senso tradizionale di un sapere delle realtà ultime è quindi una chimera; e questo ci chiarisce la ragione delle contraddizioni dei si– stemi metafisici, senza un risultato definitivo. Kant aveva ragione nel deridere le metafisiche dogmatiche del suo tempo, che egli considerava pseudoscienze. Coerentemente alle sue premesse critiche egli doveva concludere coll'impossibilità di una metafisica scientifica. Posto l'Oggetto, l'« in sè », fuori della portata del conoscere fenomenico, lo scetticismo metafisico era inevitabile. Questa conclusione negativa non ri– sponde tuttavia alle più riposte esigenze kantiane. Egli fu condotto allo scetticismo per la presuppo– sta e non dimostrata criticamente identità di scien– za e di metafisica. E' da questo pregiudizio che nasce l'antitesi inconciliabile e la finale inconoscibilità dell'essere in sè. Ma la teoreticità filosofica non deve confondersi con la conoscenza scientifica. La scienza astrae l'oggetto dalla forma conoscitiva e lo presuppone oltre tale forma. Se identifichiamo il processo scientifico con quello filosofico, dovremo anche per questo presupporre un oggetto astratto, che risul– terà sì pensabile ma non conoscibile. Bisogna in– tegrare il concetto di critica e liberarlo dal pre– supposto realistico. Critica, cioè filosofia, non può essere solo la critica della conoscenza, cioè valutazione del potere conoscitivo della ragione, poichè tale potere conosci– tivo astratto presuppone un oggetto da conoscere, estraneo allo stesso conoscere. Un tale presupposto non può che mettere capo alla inconoscibilità e quin– di alla negatività di un tale oggetto. Non si tratta
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy