UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

fenomenico, è tratto a dire che l'essere in sè, pre– supposto del nostro conoscere, è fuori del campo delle categorie. ed è quindi un concetto negativo, un inconoscibile, Martinetti crede che si debba trarre dal noumeno un senso positivo: infatti, « una pura negazione sarebbe l'ignorare questo concetto e porre, esplicitamente o no, il mondo fenomenico rome il solo esistente. Non è dunque una pura negazione l'atto per cui l'apprendiamo, non è un atto che elimini da sè ogni traccia d'una qualche affermazione positiva: « è un atto che, negando il carattere assoluto della realtà sensibile, pone qual– che cosa d'altro, il noumeno» (2). A !fermato dunque che il noumeno cela un con– tenuto positivo, questo non sarà tuttavia conosci– bile categorialmente, che sarebbe ancora un feno– menizzarlo; esso avrà valore come designazione simbolica dell'intellegibile, non in quanto ci dia una conoscenza vera e propria nel senso del co– noscere obiettivo, ma nel senso che è per noi la direzione verso èui si deve progredire, « l'aspet– to soggettivo rivolto a noi d'una realtà che in sè non è tale, ma che da noi può e deve essere così concepita> (3). Il noumeno è quindi una realtà positiva ed è possibile una conoscenza (simbolica) dello stesso. In questo senso va corretta anche la caratterizza– zione puramente negativa della Dialettica. Essa va interpretata sulla scorta dei risultati più profondi dell'Estetica e dell'Analitica, ed allora anche il problema metafisico acquista legittimità e valore. llisultato della critica ciel conoscere come sintesi a priori è stato quello di dimostrare che il conoscere è sempre relativo, è sempre la costitu– zione d'una realtà fenomenica; la quale ci rin- 31

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