UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

Un professore nord-americano mi disse una volta di conoscere nel suo paese molta gente saggia e scienziata che ha inclinazione allo spi– ritismo e a do/trine anche più fantastiche, molta gente d,e segue attentamente tutto ciò che si riferisce ai fenomeni misteriosi di cui s'occupa la società for psichica! researches, ma che per solito ha vergogna d'apparire preoccupata di co– se simili. Si ha paura del discredito; si ha paura delle ire dei gelosi dell'ortodossia scientifica. Questa vergogna e questa paura mi sembrano i fenomeni più tristi e più caratteristici dell'in– ttllettualismo moderno. Nascondiamo come una piaga infamante questa enorme tristezza che ci invade pensando che forse con la morte finisce per noi ogni cosa, e come i fanciulli che quando di notte son soli cantano per allontanare la pau– ra, cantiamo inni alla vita per terrore della mor– te. li laus vitae è l'espressione più acuta della tristezza dell'anima moderna. Può parlare della joie de vivre solo chi vive torturato della visione d'oltre tomba, come solo può parlare della delizia del respirare chi soffre d'affanno. Quando sentiamo il cuore, è perchè -i fa male, così come quando sentiamo la vita, come tale e astri;,,ttamente, in opposizione alla morte, è perchè ci fa male. Dalla disperazione cristiana solo ci può redi– mere il non curarla, il confessarla apertamente e nobilmente; lo stringerci ad essa, il cercare la nostra salvazione nel fondo dell'angoscia, il cre– dere infine al Padre di Cristo. 19

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