UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

Certamente peggiore, ed anche più sprege– vole, più vile, più inumano dell'affermare o ne– gare, è voler scartare il problema, consigliarci di non pensare ad esso. No, non dobbiamo di– menticare, ma indagarlo questo enorme mistero dell'universo. Dobbiamo pensare ad esso e pen– sarci continuamente, e passare la vita investi– gandolo, senza speranza di soluzione. La vita della disperazione accettata è la vita spirituale più intensa e più intima, è la vita più divina. La redenzione del dolore sta nel dolore stesso. Cristo nell'oliveto chiese al Padre che al– lontanasse dalle sue labbra il calice dell'ama– rezza e sudò sangue e l'angoscia lo soffocava e gli oscurava l'anima, quell'anima triste fino alla morte; ma consumò il calice dell'amarezza, fu messo in croce, e quando sulla croce, nell'ec– cesso del dolore, esclamò: « ogni cosa è compiu– ta!», gustò tutta l'intensa felicità della pena. Non so cosa pensino di questa dottrina le al– tre genti, ma noi spagnuoli sentiamo ,usai bene questo dolor sabroso della nostra Teresa di Gesù. Non ci ha vinti ancora interamente quel– la pestifera attitudine eudemonistica che piut– tosto che ricerca del piacere è ripugnflnza del dolore. Poichè è necessario osservare bene che ciò che oggi muove e spinge il più della gente è l'or– rore del dolore piuttosto che la caccia al pia– cere. Se gli uomini corrono dietro alla ricchez– za, più che per le gioie da essa procurate, è per– chè la ricchezza li assicura dall'odiata e temuta 13

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