UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

I Z tutto, questa disperazione che mi pare la più profonda caratteristica dell'anima moderna, cre– do che si debba affrontarla accettandola, non fuggendola. Il rimedio; a questa disperazione, fonte d'ogni dolore e d'ogni inquietudine spfrituale, sta nella disperazione stessa, sta nel lottare col mistero, nel lottare con Dio, come Giacobbe lottò con l'angelo, sino all'alba di nostra morte. La mia vita, diceva Kierkegaard, è una disperazione ,·as– segnata, e cosl dev'essere la vita nostra; una di– sperazione rassegnata. Qualche volta il cervo in– seguito, dominando ad un tratto la sua irresi– stibile paura, si volge ai cani lottando dispera– tamente, e mentre lotta cosl deve sentirsi leone. Conviene, essendo cervi, passare la vita inseguiti e lottando, senza speranza di vittoria, ma sen– tendosi leoni. Affermano per disperazione coloro che affer– mano d'essere sicuri d'una finalità del ·mondo e di una certa immortalità, poichè di questo non sono certi come lo sono di un teorema mate– matico e, 11011 essendo certi, affermano. E ne– gano per disperazione quelli che negano una qualunque finalità al mondo e parlano della su– perbia umana di credersi immortali, ma non son certi della loro negazione. Questa incertezza è l'intima molla della vita nostra. La certezza as– soluta, matematica, che c'è per gli uomù1i u1l'al# tra esistenza, cosl come la certezza contraria che quest'altra esistenza non c'è, ci farebbe egual– mente impossibile la vita.

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