UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944
IO dente. E se alla mia risposta: « la vita è per la felicità-eterna, è in una finalità», mi si ritornerà a chiedere: « e la felicità eterna perchè? quale la finalità della finalità? ». Certo è che il problema della eternità ci getta, come ben vide Kierkegaard, in un terribile di– lemma. Terribile, angoscioso, desolante è il pen– sare che ciascuna coscienza umana ritorni al nulla da cui emerse, che la nostra stirpe umana ed il nostro mondo tutto diventi un giorno pol– vere cosmica e sia interamente perduto ogni no– stro sforzo, terribile l'idea che la coscienza uma– na non sia che un lampo tra due eternità di te– nebre; ma non meno terribile è l'idea d'una persistenza senza fine. L'eternità ci soffoche– rebbe. Certamente lanciandoci nel campo delle fan– tasie metafisiche nel quale si lanciò Platone nel suo Fedone, possiamo rappresentarci l'eternità come un continuo ascendere verso Dio, come una perpetua evoluzione, come un crescere spi– rituale ed un trasformarsi senza giungere mai ali'infinito. E chi in questo campo /edonico dei jogni su– premi non rinuncerebbe alla sua persistenza in– dividuale, chi non farebbe la ,·inuncia religiosa dell'immortalità che vuole il Rensi, se si trat– tasse solo d'andare a perderci in Dio, se si trat– tasse della fusione della povera mia coscienz~ personale, finita e passeggera, nella coscienza infinita ed eterna di Dio? Morire, e morire interamente perchè Dio vi-
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