UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944
nst,ca del cristianesimo•, il quale nacque come religione distinta dalla giudaica e non come scuola filosofica, da quando i discepoli di Gesù, spinti dall'entusiasmo e dall'amore per il mae– stro, credettero nella resurrezione di esso e nella sua ascensione al cielo. Onde diceva l'apostolo Paolo che se non crediamo che Cristo è resusci– tato, siamo i più miserabili degli uomini. La im– mortalità difatti, come ho detto e ripeterò, ci appare come la garanzia religiosa della finalità trascendente dell'universo. Disse molto esattamente William /ames, che Dio per la maggior parte degli uomini è solo il produttore dell'immortalità. La credenza in un Dio personale e trascendente sorge, più che dalla necessità di spiegarci l'universo, dalla ne– cessità di dargli uno scopo. E lo scopo dell'uni– verso è la coscienza. Credere in Dio, è prima di tutto e soprattutto volere che Dio esista ed operai-e come se Dio esistesse, operare cioè come se esistesse una co– scienza suprema, la coscienza dell'universo che a questo diede finalità ed oggetto. L'immortalità dell'anima appariva ai cristiani primitivi, non come alcunchè di inerente ali'a– nima stessa, ma come un gratuito dono di Dio. Tatiano negava l'immortalità naturale, insegnan– do che la dignità dell'uomo si deve all'unione dell'anima umana con lo spirito divino, ed i più degli apologeti combattevano la concezione di una immortalità naturale (cfr. Harnack, Dogmengeschichte, lii ed. I, pag. 473, 493
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