UOMO - Anno II - n. 2 - aprile 1944

marsi; finalmente si assopì, ma il sonno fu breve. Si svegliò ad uno schianto che aveva immaginato in sogno: era come se il suo corpo si fosse SfJCZ– zato, un vetro. S'alzò a sedere, pensando al terre– moto. La stanza era calma. Dalla finestra entrò un grigio riverbero d'alba prossima. « Sono morta», pensò Katie. A questa certezza sentì una buona pace scenderle nelle braccia e uscì dal letto senza fatica. Il pavimento era diaccio, la specchiera del· l'armadio aveva luccichii spenti. Lo stupore di Katie continuava. « E' dunque così facile rompersi e morire», disse. « Se entrasse qualcuno non si ac– corgerebbe di me». Pure continuava a scorgere gli oggetti della stanza e scostò la tendina per guar– dare verso il paese ove i lampioni nelle strade si illanguidivano. Lentamente tornò in sè, pensando che solo così, senza alcuna preparazione dolorosa, le sarebbe piaciuto morire. Col mattino cominciò la pioggia. Lo stato dei polmoni s'aggravò. Rimaneva poche ore al tavo– lino, riempiendo appunti e lettere agli amici lon– tani, per farsi coraggio; poi attendeva la sera, e la paura la prendeva assieme all'insonnia. Il passato, in quei momenti, tornava su lei con l'impronta dei felici paradisi che sempre sappiamo d'aver perduto, e 11011 le dava coraggio. Tutto era ormai sperso, moriva in lei che 11011 sapeva inseguirlo. Provò ad immaginare la casa in cui avrebbe voluto abitare per sempre: la vide meravigliosa e realizzabile come mai aveva saputo inventare, in un paese d'ore dolci, un gatto dal fiocco bianco sulla porta, un viale albcrato eh~ le sarebbe divenuto familiare. 33

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