UOMO - Anno II - n. 2 - aprile 1944

13 sino in fondo, non ammette semplicemente l'essere in sè; ma afferma schiettamente ed anzi constata che noi intuiamo l'essere; che l'essere è presente al nostro pensiero come suo naturale oggetto, e cioè come idea, indipendentemente dal fatto che, poi, esista o non esista in realtà, il che è stato poi ottimamente messo in luce dal già citato Ca– rabellese. L'idea dell'essere è, perciò, categoria: una categoria veramente soggettiva ed oggettiva nel medesimo tempo, senza che, con questo, venga meno il principio di non contraddizione; poichè è sogget· tiva nel senso che è presente al pensiero di ogni soggetto umano, ed oggettiva nel senso che è uni– versale e necessaria, e si può tanto applicare a ciò che esiste nell'esperienza, quanto a ciò che esiste fuori dell'esperienza. Anche il Rosmini, infatti, ammette, con i posi– tivisti e con gli idealisti, la necessità dell'esperien– za. Ma, mentre tanto i positivisti quanto gli idea– listi ammettono l'esperienza come qualche cosa di necessario e nel medesimo tempo di provvisorio, giacchè i positivisti l'abbandonano ad un certo pun– to, cioè quando vogliono fare della metafisica e non più della scienza, e gli idealisti, pure, l'abbando– nano quando arrivano alla coscienza o allo spirito, il Rosmini non l'abbandona mai, poichè l'esperien– za, per lui, è un fatto puro e semplice; e factmn infectum fieri ,iequi:t, come dicevano gli antichi. Se l'esperienza sia qualche cosa di necessario o di contingente, se sia una realtà isolata o collegata con altri aspetti della realtà, è una questione che riguarda la logica; ma il fatto in sè è quello che è.

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