UOMO - Anno II - n. 2 - aprile 1944
negato, anzi aveva esplicitamente ammesso che noi giudiclzia1110 delle cose, in quanto sono dei feno– meni, cioè in quanto entrano nel campo della nostra esperienza, ma che possiamo benissimo pe11sa·rle come esistenti in sè, e cioè come noumeni. Quindi c'è già nello stesso Kant una fondamentale, im– portantissima distinzione fra il conoscere come giudicare e il conoscere come pensare. Per Kant, però, questo semplice pensare la cosa in sè è, più che un pensare, un ammettere, un credere in– genuamente che la cosa in sè esiste al di là della nostra esperienza; Kant, insomma, come ha acut3.– mente affermato il Carabellese, è rimasto un inge– nuo realista, e tutto il progresso fatto da lui nel confronto del realismo classico consiste nell'aver affermato la necessità che il reale si riduca alle proporzioni, per dir così, delle forme soggettive del pensiero umano, per esser conosciuto. Ora, è appunto questa ingenuità di Kant che gli idealisti hanno eliminato come antifilosofica, accettando il puro dualismo gnoseologico di soggetto e di ogget– to; sul quale hanno, poi, costruito la metafisica della contraddizione, con l'identificare i due ter– mini nella loro sintesi, e cioè nella coscienza. Ed è questa stessa ingenuità che i positivisti hanno, in certo qual modo, ripetuto, abbandonando, ad un dato momento, il punto di vista strettamente scien– tifico della gnoseologia kantiana, ed ammettendo, o meglio affermando un Essere, che non può esser più oggetto di conoscenza, ma di un intuito, o di una fede. Rosmini, al co11trario, veramente critico, critico i 7
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy