UOMO - Anno II - n. 2 - aprile 1944

16 o dello spirito, che non si possono ridurre a pura logica. Possiamo, insomma, additare semplicemente il fatto, ma non costruirci sopra un argomento, giacchè, abolito il principio di non contraddizione, ogni argomento cade. Ad ogni modo, anche questo fermento critico che si agita in seno all'idealismo, e lo trasforma in realismo o in spiritualismo, sta– bilisce, o avrebbe dovuto stabilire, una specie di avvicinamento e di atmosfera, diciamo pure, fra– terna, tra quelli che abbiamo chiamato i critici del positivismo, il criticismo rosminiano, e quelli che possono chiamarsi critici dell'idealismo. lMa in che consiste, dunque, questo criticismo ro· sminiano, che, facendo come da base comune o da punto cli incontro fra tendenze opposte avrebbe po– tuto dare, e potrebbe, forse, ancora dare una certa unità ed una certa armonia alla « filosofica fami– glia» del nostro Paese? Osserviamo subito che il criticismo rosminiano rifiuta fino dal principio quella riduzione kantiana della conoscenza a giudizio puro e semplice, che tanto i positivisti quanto gli idealisti hanno pqi, poco prudentemente, accettato. E a noi sembra ve– ramente che il vivo della questione sia tutto qui. Se la conoscenza non è altro che giudizio, è natu– rale che il giudizio, com'è stato presentato dalla gnoseologia kantiana, assuma una forma veramente completa e perfetta, così com'è inevitabile che da una tale teoria del giudizio si sviluppi tanto il po– sitivismo quanto l'idealismo, con tutte le difficoltà che tali sistemi portano con sè, come abbiamo visto. Ma, anzitutto, lo stesso Kant 11011 aveva affatto

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