UOMO - Anno II - n. 1 - gennaio 1944
76 sto paesaggio il suo itinerario: è da questo pa– norama che egli muove le occasioni a tradursi i11 immagini o meglio in impressioni in cui spesso ha più forza la resa del colore che non quella della parola. Si è detto d'innocenza; ma qui, in Sinisgalli, essa scaturisce da una sintassi preordinata, è l'innocenza di chi passa attraverso le fratture cercando di evitarle. Egli si è assegnato il com– pito di salvaguardare il suo dono di poesia da ogni mordente troppo acerbo, quasi per non sciuparlo, e così « senza ambizioni gnoseologi– che, senza la pretesa imprudente se pur tenta– trice di legar soverchiamente la salvezza del– l'anima al suo esercizio poetico, egli sa che ogni suo risultato, quanto più circondato di igiene e profilassi, quanto meno vergognoso di apparire anedottico, potrà essere tanto piL1 si– curo». (Contini). Da questa intesa di astensione viene la sua impossibilità a definire in una qualunque « af– fermazione» gli spunti delle sue occasioni, per quanto non gli siano ignoti gli arrivi paral– leli cli Montale. Questo è il perimetro della sua poetica e vale dunque considerarlo più felice nella tecnica della scrittura ricca di im– provvisazioni auree: « Ecco vacilla il cielo... )). « O spoglie trasparenti, o anime leggere». « Che incredibile mattino ... ».
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