UOMO - Anno II - n. 1 - gennaio 1944
porre le opere cbe gli artisti c, vanno oggi cautamente offrendo. L'arte è conoscenza, consapevolezza nel vigo– re più assoluto, e volerla astrarre dalla sua ma– teria umana significa avvilirla, perchè essa non può ignorare la nostra condizione di creature essendo di per se stessa aspirazione a definire proprio quel rapporto che divide la nostra pia– gata finitezza dal senso divino dell'Idea, ascesi del limitato verso l'infinito Amore. Ma le ba– nali costruzioni intellettualistiche che gravava– no, inutile zavorra, sul suo camn1ino, sono or– mai cadute nell'eco del sangue che inonda la nostra civiltà: alla furia suprema che oggi in– veste ogni cosa resiste solo ciò che è essenziale; i miti redatti con facile gioco di intelligenza con altrettanta facilità si sono perduti. Nasce però nei superstiti un'urgenza imperiosa che lo stesso smarrimento detta: è necessario che la fantasia poetica trovi una fede a cui riportare l'arte se si vuole che sopravviva all'urto improv– viso del tempo. È dunque dei poeti il com– pito di questa ricerca: sono essi che devono condurre la poesia dall'assenza estrema, cui so– spirò fino alla « pagina bianca», ad una viva presenza, e si potrà sostituire alla poetica della distanza la poesia come «accordo», purchè que– sta dal monologo orgoglioso, scenda ad aprire con gli uomini il colloquio già atteso. 73
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