UOMO - Anno II - n. 1 - gennaio 1944
44 mi chiede\ a tra le lacrime se 11011 pare, a anche a me impossibile consolarmi per un così grave lutto. Era convinta che non avrebbe resistito, tutto le sembrava rotto. « Non so neppure il vero motivo di questa morte», ripeteva. « So soltanto che tutto ciò in cui avevo sperato s'è infranto in un attimo. Tu poi», continuava, rivolgendosi a me, « hai da oggi ogni diritto di abbandonarmi, perché mi ero promessa di lasciarti, e certo farai fatica a com– prendere quanto soffro». 11i era facile invece immaginare ciò che Rosa non sapeva confidarmi. Forse più chiara di lei a,·evo l'idea di ciò ch'era accaduto. La felicità, la sven· tura mi parevamo così intimamente legate a quel mio peccato dal convincermi d'esser stata l'unica responsabile della morte di Mario. E ne ero addo– lorata. La perdita di l-.Iario era un incubo per me, e dovevo pur rimpiangerlo trattenendo ogni lacri– ma, invocandolo solamente nel buio della mia stan– za, affliggendomi per il mio orribile destino. ~la. per stranezza, assai sovente mi chiedevo come mi sarei comportata se avessi potuto tornare indietro nel tempo (quel divagare su irrealizzabili muta– menti era una vera manìa che a11eviava la mia pena), e sempre pensavo che avrei ancora attaccato 1'fario, ma con maggiore astuzia. Dunque, esclu– dendo ancora l'ipotesi di lasciare Rosa al suo de– stino, mi andavo convincendo che non era male tutto ciò che avevo fatto, e che il decidere sulla nostra vera esistenza non spettasse ad un estraneo ma soltanto a noi due. L'affetto per Rosa mi tornò violentissimo. La consolavo, sempre felice quando mi accorgevo che le mie parole servivano a climi· nuirc la sua sofferenza. Rosa scese, per merito mio, da quell'accanito dolore ad un atono stupimento per essersi salvata
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