UOMO - Anno I - n. 1 - novembre 1943

72 amore, e rompe l'alternativa del «posse peccare vel non peccare» col «: non posse peccare» della partecipazione sempre mag– giore alla necessità inflessibile del bene. E quanto io tenga a questo punto iniziale, tu ormai sai. In un altro scritto, Pietro Cheula parla di « lieta accettazione della volontà di Dio,. Forse, se ben guardiamo, è la stessa cosa; ma tu capisci che quel!' altra nostra partenza, pur col sospetto che con sè conduce di un orgoglio mal rassegnalo, offre una diversa angolazione e sopratutto, quel che più mi interessa, pone l'accento, forse con una sfu– matura di accesa drammaticità, sul nostro essere sprovveduto e impersuaso ancora. C'è insomma, nella formulazione di Cheula, una definitività, una remissività che seppure agogno, ancora non possiedo. Di conseguenza preferisco anch'io l'interpretazione della fede come una conquista perennemente accresciuta, persa e ritrovata. Martinetti, come dicevo più su, mi pare sciolga i nodi con un procedimento logico che non sento di poter condividere. In una sua pagina trovo infatti queste righe (e le parole che li sottolineo più incontrano la

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