UOMO - Anno I - n. 1 - novembre 1943

mi allerrì; morire senza un ricordo, senza un affetto, senza un pentimento o un rimpianto, come un cane ; non mi lasciò più pace. Già esaurito di ner1'i, questo pensiero mi ossessionò, fu per lungo tempo il solo. Ho voluto lasciare una riga bianca prima di continuare, una pausa dopo il crescendo. Non so se puoi immaginare l'involuto for– marsi del mio terrore; è stato un accumularsi rapido, non ho ricordo dei passaggi, posso solo evocare l'angoscia che è rimasta per tanti anni. Fu una notte che passai bianca ad attendere la fine. Non potevo più padro– neggiarmi, non riuscivo a stare immobile. Fu un susseguirsi di azioni convulse: la sigaretta che accendevo era l'ultima, la lettera che scri11evo era l' ultima, scrivevo con l'ansia di arrivare all'ultima linea, di dire lutto quel poco d'affetto che il terrore mi aveva lasciato. Finchè mi addormentai sfinito. La mattina dopo, svegliandomi, mi passai la mano sugli occhi, proprio come le eroine dei romanzi, ed alla sorpresa seguì la gioia immensa dei sopravvissuti: non so dirti come mi apparve il mondo, a me che mi sentivo strappato alla morte. Imparai allora a gu- 23

RkJQdWJsaXNoZXIy