L' U N I V E R S I T À L- I B E R A 315 il midollo ·delle sue ossa, le è recata dal povero Giovanni, dal miserabile Giacomo e dai loro pari. Giacomo e Giovanni danno· sè stessi, danno .la loro fede ingenua, danno la loro anima. Gli intellettualisti danno la loro approvazione; c'è da meravigliarsi se .tra di loro, alcuni più o meno intinti di misticismo, avranno ancora l'energia d'aprire qualche cappella, di fondare qualche setta, che sarà tanto. più pretenziosa qua-qto minore sarà il numero, degli affiliati. Alle religioni già ésistenti, ai culti in vigore, gl'intellettuali rendono inéontestabili servigi, come già abbiamo constatato; vi •recano ordine ed equilibrio, nella misura del possibile. Finchè quella religione dominerà lo Stato o nello Stato, manterranno rapporti di squisita ·cortesia, la protegge- . ranno per esserne protetti. E non possono agire altrimenti; pe1:chè sono gli agenti, quasi. sempre inconsapevoli; dell'intelligenza, infusa nell'umanità. Severa, come ha il ·diritto e il dovere d'essere, l'ip.tellig~nza disprezza tutto ciò che diventa inutile, ripugna da ciò che sopravvive a sè stesso, non tollera, non vuole più tollerare se non ciò che è intelligente o promette di diventarlo. ., · Frattanto, le intelligenze acute si dibattevano •nell'immens~ disordine politeistico: ogni Dio un Ismaele, cc la sua mano armata contro tutti, la mano di tutti armata contro di lui >i. Ma la concorrenza va a finire nel monopolio. Si fa la battaglia, spiegava già il savissimo signor De la Palisse, allo scopo di riportare vittoria. Avvennero numerose stragi di piccole divinità, le quali soccombevano le une dopo le altre. E in progresso di tempo, avevano ceduto il posto ad alcune divinità principali, Dii Majores, seguite da divinità secondarie, Dii Minorcs; dietro le quali s'agitava vagamente una moltitudine anonima. Nori poteva essere altrimenti; ciò avveniva per forza di cose. Ciò accadde altresì per la forza dell'idea. Mentre le tribù selvagge si sterminavano nelle loro foreste, già più d'uno stregone di genio aspirava a un dio che comandasse a tutti. gli altri dei. Poichè lo spirito umano tende all'unità e ciò per necessità innata. L'immensa e molteplice natura non ha forse ben presto ricevuto il nome di Universo? Ogni scoperta che semplifica le nostre conoscenze, sopprime. qualche er:rore o qualche arbitrio, ci avvicina· alla Grande Unità. Sarebbe desiderabile, si pensò, che un padrone regolasse l'ordine nella sua casa, che sarebbe quella di tutti. Ognuno farebbe il lavoro che gli verrebbe assegnato, e riceverebbe quanto gli spetta. Le liti, le ingiustizie sarebbero represse prima che avessero potuto diventare funeste. S'accarezzò la speranza che una giustizia comune a tutti controbilanciasse gli egoismi privati. Lo si sperava già nei tempi remoti, e noi ~aitcora lo speriamo. Se l'uomo, per quanto concerne la sua persona, ha la deplorevole abitudine di tirare a sè la coperta, egli desidererebbe che parte eguale fosse fatta a tutti gli altri.
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