312 L' U N I V E R S I T l L I B E Jl A rispetto e culto, in abnegazione e sacrificio. Ed i cuori più teneri, le anime più appassionate gridano in rapimenti d'amore: « Mio Dio e Padre mio! Senza di te io non saprei vivere, e senza di me, tu saresti infelice, sì infelice, lo so. Io sono la goccia che mancherebbe al tuo Oceano di felicità. Tu ed io, io e te ... che importa il resto! » . Commovente e sublime in alcu_ni poeti orientali, questo linguaggio magnificamente s'accentua nella bocca d'Ekhart, di santa Teresa e di Chiara d'Assisi. Il loro dio, oggetto di sì ardenti ed esclusive tenerezze, non differisce in sostanza dal feticcio al quale il Congolese pianta il suo ricordo nel petto sotto forma di un chiodo arroventato al fuoco della fucina. È sempre questa medesima passione che fa gli esaltati e i fanatici, i devoti e i martiri; e ispira la fede, la fede che muove le montagne, fonda le religioni, instaura le chiese. Ma l'intelligenza che, da p_arte sua, s'è elevata s~no all'alta Ragione, non perde mai il suo diritto di critica, e l'esercita: anche sul misticismo dei temperamenti poetici e appassionati. Impersonale per essenza, dichiara a costoro e a buon diritto - la Ragione ha sempre ragione - che, se Dio non è il dio di tutti, non è il dio di nessuno. Che se c'è una Provvidenza, deve essere universale. Che se esiste un Padre del genere umano, questi non darà privilegi a nessuno dei suoi figli; ma, qualsiasi preferenza da parte sua sarebbe ingiustizia e magari tradimento. Come si vede, la critica degl'intellettualisti attacca la sostanza - delle cose. I Razionalist\, - come son chiamati dai religiosi, non senza ironia, - i Razionalisti non negano ancora la sostanza della dottrina, ma diffidano dalle esagerazioni, credono sino a un certo punto, per il resto sono miscredenti. Tra loro quelli che si sono arruolati nella religione ufficiale, dottori, giuristi del diritto canonico, commentatori, esegeti, casp.isti hanno il giudizio acuto, la misura corretta. Mai cadranno o meglio mai s'esalteranno nella divina follia, la follia che fa i miracoli. I Credenti, i fedeli attribuiscono a questa gente appena un valore secondario, se non negativo. I dervisci del Levante narrano una leggenda che è qui a proposito: « Il nostro Profeta - che il suo nome sia benedetto! - il nostro santo Profeta camminava per la pianura, con Ornar ed Alì, i suoi fedeli. Pensò di abbreviare la strada e disse alla montagna che chiudeva l'orizzonte: - Montagna, vieni a Maometto. La montagna parve scuotersi, ma non si mosse. E Mohammed di nuovo: - Montagna, vieni dunque a l\Iohammed ! Ma la montagna non s'avvicinava. Allora il savio Mohammed sorrise, e disse ai compagni: « Poichè la montagna non viene a Mohammed, che Mohammed vada alla montagna! ».
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